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Un secolo fa nasceva a Firenze il Commissario tecnico più vincente della storia del ciclismo italiano, il grande Alfredo Martini. Non sono molti gli uomini di sport che possono vantare di essere ricordati non soltanto per le loro imprese sportive. Per settant’anni ha incarnato il ciclismo, anzi, il mestiere del ciclismo.
Negli anni d’oro della bicicletta ha pedalato a fianco dei più grandi campioni: nel Tour de France, a fianco del vittorioso ed indimenticabile Fausto Coppi, oppure al Giro d’Italia, con i due sesti posti nel ’47 e nel ’49, ed il terzo (dietro Koblet e Bartali) nel ’50.
Martini era però un uomo-squadra dalle eccezionali caratteristiche umane, che lo fecere diventare un eccezionale DS, prima nella Ferretti poi nella Sammontana.
Nel 1975 viene nominato CT della Nazionale che guidò per ben 22 anni, conquistando 6 titoli iridati (Moser nel ’77, Saronni nell’82, Argentin nell’86, Fondriest nell’88 e un doppio Bugno, ’91 e ’92), 7 argenti e 7 bronzi.
Alfredo Martini è stato un maestro. Apparteneva a quella generazione di italiani che ha vissuto in prima persona l’orrore della guerra e la speranza, realizzata, della rinascita. Con passione fece del proprio sport un mestiere e vi trasferì i valori fondativi del lavoro e della solidarietà, dell’onestà e della lealtà in cui era stato cresciuto.
La sua lunga vita è stata un insegnamento. E cento anni dopo è necessario ricordarne gesti e parole.